Trattamento fiscale dei porti italiani, aiuti di Stato e assetto competitivo
La Commissione europea ha aperto venerdì 15 novembre 2019 un’indagine approfondita per determinare se il regime di esenzione fiscale di cui beneficiano i porti italiani siano incompatibili con la normativa sugli aiuti di Stato.
Il procedimento è l’ulteriore tappa di un’indagine che parte dal lontano 2013, sui regimi fiscali degli Stati membri riguardo all’attività non istituzionale dei porti, dalla quale era emerso che in vari Stati Membri (tra i quali l’Italia) vigeva un regime di esenzione che non garantiva condizioni concorrenziali eque nel mercato unico. A conclusione dell’indagine nell’aprile 2018, la Commissione aveva informato l’Italia (e la Spagna) in merito alle proprie preoccupazioni relative ai regimi di esenzione fiscale di cui beneficiavano i porti in ambedue Paesi.
A poco erano valse le giustificazioni addotte dalle autorità italiane secondo cui in Italia non esistono porti privati, in quanto le Autorità di Sistema Portuale (“AdSP”) fanno capo alla Pubblica Amministrazione ed in quanto tali non sono soggette all’imposta sul reddito. Allo stesso modo, Bruxelles non ha ritenuto condivisibili le ulteriori giustificazioni addotte dallo Stato italiano sulla non commercialità dell’attività delle AdSP in quanto incaricate di svolgere soltanto funzioni di regolazione e controllo sulle attività delle imprese private che operano nei porti.
Per Bruxelles, infatti, “secondo una giurisprudenza consolidata, la nozione di impresa abbraccia qualsiasi entità che esercita un’attività economica, a prescindere dallo status giuridico di detta entità e dalle sue modalità di finanziamento. Il fatto che un’entità non persegua scopo di lucro non è un criterio determinante per stabilire se si tratti o meno di un’impresa. Non lo è neanche il fatto che non sia di proprietà pubblica”. In questa prospettiva, la costruzione e lo sfruttamento commerciale delle infrastrutture e dei terminal portuali costituisce attività economica, così come allo stesso modo lo è l’affitto di terreni pubblici contro remunerazione.
Dopo diversi scambi intervenuti con lo Stato Italiano, l’8 gennaio 2019 la Commissione aveva deciso che l’Italia dovesse adeguare la propria legislazione alle norme in materia di aiuti di Stato ed assicurare che i porti pagassero, a partire dal 1° gennaio 2020, l’imposta sulle società allo stesso modo di ogni altra impresa. Secondo la decisione, la Commissione ritiene, infatti, che un regime di esenzione fiscale consente ai porti un indebito vantaggio selettivo, invitando quindi l’Italia ad adeguare la propria legislazione modificando l’attuale regime.
La posizione di Bruxelles emergeva chiaramente dalla dichiarazione di Margrethe Vestager, Commissaria responsabile per la Concorrenza, secondo la quale “I porti sono infrastrutture essenziali per la crescita economica e lo sviluppo regionale. Per questa ragione le norme UE in materia di aiuti di Stato prevedono che gli Stati membri dispongano di ampi margini di manovra per l’adozione di misure di sostegno e di investimento a favore dei porti. Al tempo stesso, per garantire condizioni eque di concorrenza in tutta l’UE, i porti che generano profitti esercitando attività economiche vanno tassati allo stesso modo degli altri operatori economici – né più, né meno.”
A seguito della decisione della Commissione del gennaio 2019, la Spagna, come in passato avevano già fatto i Paesi Bassi, la Francia ed il Belgio, ha accettato di modificare il proprio regime di esenzione fiscale, mentre l’Italia è rimasto l’unico Stato Membro a mantenere la propria legislazione di favore per i porti.
Questo è il motivo che ha condotto la Commissione all’avvio dell’indagine approfondita.
Nell’ambito dell’indagine l’Italia (e le parti interessate) avranno la possibilità di formulare osservazioni per dimostrare la compatibilità con le norme europee del regime di esenzione garantito ai porti italiani sulla base, inter alia, (a) della scarsa incidenza del regime di esenzione sulla concorrenza e gli scambi, oltre che (b) con ulteriori valutazioni sul ruolo svolto dalle AdSP e sul carattere non commerciale delle loro attività.
Sotto il profilo delle conseguenze, si evidenzia che qualora dall’indagine emergesse che il regime di esenzione fiscale riservato ai porti rappresenta un aiuto di Stato non compatibile con il mercato unico, esso dovrebbe però qualificarsi come “aiuto esistente”, in quanto già in essere prima dell’adesione dell’Italia alla allora Comunità Europea; pertanto, Bruxelles non dovrebbe poter richiedere all’Italia di recuperare gli aiuti già erogati. Tuttavia, l’Italia rimarrebbe esposta ad una procedura ordinaria di infrazione, qualora l’esito della procedura approfondita confermasse gli accertamenti iniziali, e non venissero introdotte le necessarie misure correttive. Per il futuro, si tratterebbe invece di un aiuto incompatibile a tutti gli effetti.
Sotto il profilo della politica di concorrenza, questa iniziativa della Commissione conferma la persistente attenzione della Amministrazione Vestager (appena rinnovata per un nuovo mandato) riservata alle distorsioni concorrenziali riferibili agli aiuti di Stato fiscali e, al tempo stesso, mette ancora una volta sotto attacco il settore portuale e marittimo in senso lato che in Italia è caratterizzato da una lunga storia di situazioni di privilegio, assetti di interessi non trasparenti ed asimmetrie competitive consolidate, che si sono nella pratica dimostrate dotate di una straordinaria resilienza.
C’è da augurarsi che questo passo della Commissione possa contribuire ad una portualità italiana “di domani”, nello Stato Membro dotato del maggior sviluppo costiero dell’Unione, diversa e finalmente orientata alla normale contendibilità del mercato in condizioni di level playing field competitivo.
Massimiliano Gazzo