Trasporti aerei. La Corte di Giustizia sia pronuncia sul diritto al rimborso in caso di volo di rimpatrio organizzato da uno Stato membro nel contesto di una missione di assistenza consolare

In data 8 giugno 2023, la Corte di giustizia si è pronunciata nella Causa C‑49/22, Austrian Airlines AG contro TW, sull’interpretazione dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera a), e dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del Regolamento (CE) n. 261/2004. Tale domanda era stata presentata nell’ambito di una controversia tra l’Austrian Airlines AG (“Australian Airlines”) e TW in relazione al rifiuto della prima di rimborsare a quest’ultimo e a sua moglie la somma che essi avevano dovuto versare per beneficiare di un volo di rimpatrio organizzato dalla Repubblica d’Austria nell’ambito delle sue funzioni consolari, a seguito della cancellazione del loro volo da parte dell’Austrian Airlines a causa della pandemia di coronavirus.

Nell’ambito di un viaggio “tutto compreso”, TW e sua moglie disponevano entrambi di una prenotazione confermata per il volo OS 17, del 7 marzo 2020, in partenza dall’aeroporto di Vienna con destinazione Mauritius, nonché per il volo OS 18, del 20 marzo 2020, in partenza dall’aeroporto di Mauritius con destinazione Vienna. Mentre il primo volo era stato effettuato, tuttavia, l’Austrian Airlines aveva cancellato il secondo in data 18 marzo 2020 a seguito delle misure adottate dal governo austriaco per far fronte al coronavirus senza informare TW e sua moglie né di tale cancellazione né dei diritti di cui essi disponevano ai sensi del Regolamento 261/2004. Al contrario, questi ultimi erano stati informati solo il 19 marzo 2020 della cancellazione del loro volo di ritorno nonché dell’organizzazione di un volo di rimpatrio da parte del Ministero degli Affari esteri austriaco, previsto per il 20 marzo 2020.

TW e sua moglie si erano registrati per tale volo sul sito internet del Ministero degli Affari esteri, dovendo versare un contributo obbligatorio alle spese di importo pari a 500 euro. Di conseguenza, TW si era rivolto al Bezirksgericht Schwechat (Tribunale circoscrizionale di Schwechat) per chiedere la condanna dell’Austrian Airlines a versargli la somma di 1.000, euro corrispondente al contributo obbligatorio che lui e sua moglie avevano dovuto pagare per il volo di rimpatrio. Poiché il ricorso di TW era stato accolto, l’Austrian Airlines aveva adito il Landesgericht Korneuburg(Tribunale del Land Korneuburg; il “giudice del rinvio”) che, alla luce della necessità di interpretare la normativa europea rilevante in materia, aveva deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia due questioni pregiudiziali.

Con la prima questione, il giudice del rinvio chiedeva se l’articolo 5, paragrafo 1, lettera a), del Regolamento n261/2004 debba essere interpretato nel senso che un volo di rimpatrio, organizzato da uno Stato membro nel contesto di una misura di assistenza consolare, in seguito alla cancellazione di un volo, costituisca un “riavviamento verso la destinazione finale, in condizioni di trasporto comparabili”, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), di tale regolamento, che deve essere offerto dal vettore aereo operativo al passeggero il cui volo è stato cancellato.

Secondo la Corte, offrire un “riavviamento” ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, del Regolamento 261/2004 non può limitarsi, per il vettore aereo operativo interessato, a proporre al passeggero aereo di condurlo alla sua destinazione finale con il volo successivo a quello cancellato. Una tale offerta, infatti, può comprendere altri voli, ivi compresi quelli in coincidenza, operati eventualmente da altri vettori aerei, appartenenti o meno alla stessa alleanza aerea, e che arrivino meno tardi rispetto al volo successivo al volo cancellato. L’ambito di applicazione del Regolamento 261/2004, tuttavia, non può essere esteso a voli non commerciali, che pertanto non possono essere utilizzati per attuare un tale riavviamento.

Con la seconda questione, invece, il giudice del rinvio chiedeva se l’articolo 8, paragrafo 1, del Regolamento 261/2004 debba essere interpretato nel senso che conferisce a un passeggero che, a seguito della cancellazione del suo volo di ritorno, abbia dovuto registrarsi da sé per un volo di rimpatrio organizzato da uno Stato membro nel contesto di una misura di assistenza consolare e versare a detto Stato a tale titolo un contributo obbligatorio alle spese un diritto al rimborso di tali spese a carico del vettore aereo operativo.

Secondo la Corte, sebbene il Regolamento 261/2004 lasci impregiudicato il diritto del passeggero ad un risarcimento supplementare, esso deve essere basato sul diritto nazionale o internazionale. Di conseguenza, l’articolo 8, paragrafo 1, del Regolamento 261/2004 non può essere interpretato nel senso che un passeggero il quale, a seguito della cancellazione del suo volo di ritorno, si registri da sé su un volo di rimpatrio organizzato da uno Stato membro dispone, sul fondamento di detto regolamento, di un diritto al rimborso da parte del vettore aereo operativo del contributo alle spese supplementari che egli ha dovuto versare ai fini della sua registrazione su tale volo. Tale passeggero, tuttavia, potrà legittimamente far valere un diritto al risarcimento qualora un vettore aereo operativo non abbia adempiuto agli obblighi previsti dagli articoli 8 e 9 del Regolamento 261/2004.

Marco Stillo

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