L’Italia viola la normativa UE in materia di omologazione dei veicoli e concessioni autostradali

In data 17 maggio 2017, la Commissione europea ha deciso di avviare una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia per il mancato rispetto delle norme europee in materia di omologazione delle automobili da parte del gruppo Fiat Chrysler Automobiles (FCA), inviando una lettera di costituzione in mora con cui chiede allo Stato di dare una risposta alle preoccupazioni circa l’insufficiente giustificazione fornita dal costruttore in merito alla necessità tecnica, e quindi alla legittimità, dell’impianto di manipolazione usato e di chiarire se l’Italia è venuta meno al suo obbligo di adottare misure correttive relative al tipo di veicolo FCA in questione e di imporre sanzioni al costruttore. L’Italia ha a disposizione due mesi per rispondere alle argomentazioni avanzate dalla Commissione; in caso contrario la Commissione può decidere di inviare un parere motivato.

In base alla direttiva 2007/46/CE, che istituisce un quadro per l’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli, e al regolamento (CE) n 715/2007, relativo all’omologazione dei veicoli a motore riguardo alle emissioni dai veicoli passeggeri e commerciali leggeri (Euro 5 ed Euro 6) e all’ottenimento di informazioni sulla riparazione e la manutenzione del veicolo, spetta allo Stato membro che ha omologato il veicolo verificare che un tipo di automobile soddisfi tutte le norme dell’UE prima che le singole auto possano essere vendute sul mercato unico. Qualora un costruttore di automobili violi gli obblighi normativi, lo Stato membro deve altresì adottare misure correttive e applicare le sanzioni stabilite nella legislazione nazionale. La normativa UE in materia di omologazione vieta l’uso di impianti di manipolazione come software, timer o finestre termiche, che conducono a un aumento delle emissioni di ossidi di azoto (NOx) al di fuori del ciclo di prova, a meno che essi non siano necessari per proteggere il motore da eventuali danni o avarie e per garantire un funzionamento sicuro del veicolo.

In passato, la Commissione ha già avviato procedure di infrazione nei confronti degli Stati membri che hanno rilasciato le omologazioni per il gruppo Volkswagen per non aver applicato le sanzioni stabilite dalle loro disposizioni nazionali, nonostante l’uso di un software di manipolazione illegale da parte di tale gruppo. A seguito di tali rivelazioni, la Commissione ha invitato gli Stati membri a effettuare le necessarie indagini al fine di verificare l’eventuale presenza di tali impianti a bordo di veicoli omologati dalle loro autorità di omologazione. Nel contesto di tali indagini, alcuni Stati membri sono giunti alla conclusione che diversi costruttori usano strategie di controllo delle emissioni che possono essere giustificate poiché necessarie a proteggere il motore. Il divieto di installare impianti di manipolazione, infatti, prevede una deroga qualora l’impianto sia necessario per proteggere il motore da danni o avarie e per garantire un funzionamento sicuro del veicolo.

La Commissione ha compiuto passi importanti per rendere i veicoli più rispettosi dell’ambiente e per ripristinare la fiducia dei consumatori. Il 26 gennaio 2017, ha pubblicato un documento orientativo per aiutare gli Stati membri a valutare se i costruttori di automobili usano impianti di manipolazione o altre strategie che conducono a un aumento delle emissioni del veicolo al di fuori del ciclo di prova e a valutare se essi sono tecnicamente giustificati. Essa ha altresì introdotto metodi di prova più  realistici per misurare sia gli ossidi di azoto (NOx) sia le emissioni di CO2 delle automobili.

Sempre in data 17 maggio 2017, la Commissione europea ha deciso di deferire l’Italia alla Corte di giustizia dell’Unione europea per violazione della direttiva 2004/18/CE, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi  e, nello specifico, per la violazione derivante dalla proroga di un contratto di concessione autostradale avvenuta senza previa indizione di una gara d’appalto. Le norme del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici hanno lo scopo di garantire che tutti gli operatori economici abbiano pari possibilità di partecipare a una gara d’appalto e di aggiudicarsi un appalto. Pertanto, una nuova concessione può essere attribuita solo al termine di una procedura competitiva, ad eccezione dei casi specificamente regolamentati dal diritto dell’UE.

La Commissione europea ritiene che l’Italia sia venuta meno agli obblighi derivanti dalle norme UE in materia di appalti pubblici, in quanto le Autorità italiane hanno prorogato di 18 anni un contratto di concessione di cui è titolare la Società Autostrada Tirrenica S.p.A. (SAT S.p.A.), attualmente concessionaria della costruzione e gestione dell’autostrada A12 Civitavecchia-Livorno, senza una previa gara d’appalto. La prima concessione risale al 1969, ed è stata accordata per un periodo di 30 anni. Da allora la concessione è stata prorogata due volte, rispettivamente fino al 2028 e al 2046. Sulla questione la Commissione ha avviato sia nel 2009 che nel 2014 una procedura di infrazione, senza tuttavia risolvere il caso, dopodiché ha deciso di deferire la questione alla Corte di giustizia.

 

Davide Scavuzzo

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