Gli effetti della Brexit sulle procedure doganali per la tutela dei diritti di proprietà intellettuale
In data 4 giugno 2018 la Commissione Europea ha pubblicato un documentorelativo alle conseguenze della Brexit per le procedure doganali relative alla tutela dei diritti di proprietà intellettuale.
La tutela della proprietà intellettuale alle frontiere da parte delle Autorità doganali è disciplinata nell’Unione dal Regolamento n. 608/2013[1]. Le Autorità doganali dell’Unione Europea possono bloccare le merci soggette alla loro vigilanza ove siano sospettate di violare diritti di proprietà intellettuale. L’intervento avviene solitamente su richiesta dei titolari dei diritti[2], ma il blocco delle merci può essere disposto anche d’ufficio in assenza di una previa richiesta, per consentire ai titolari dei diritti di chiedere l’intervento in questione. Il Regolamento n. 608/2013 riguarda in particolare le merci (i) dichiarate per l’immissione in libera pratica, per l’esportazione o la riesportazione; (ii) in entrata o in uscita dal territorio doganale dell’Unione; (iii) vincolate ad un regime sospensivo o trovantisi in una zona franca o in un deposito franco.
Dal marzo 2019, tale Regolamento non sarà più applicabile nel Regno Unito. Nel documento, la Commissione sottolinea che le conseguenze principali riguarderanno le procedure relative alla presentazione delle domande di intervento e gli effetti delle decisioni di accoglimento di tali domande.
La disciplina delle domande di intervento è indicata nella Sezione 1 del Capo II del Regolamento n. 608/2013, che stabilisce che i richiedenti possono presentare ai servizi doganali competenti designati dagli Stati Membri una domanda unionale[3], ossia una domanda presentata in uno Stato Membro in cui si chiede alle Autorità doganali di detto Stato Membro e alle Autorità doganali di uno o più altri Stati Membri di intervenire nei rispettivi territori[4]. La decisione di accoglimento di una domanda unionale produce effetti, oltre che nello Stato Membro in cui la domanda è stata presentata, anche in tutti gli altri Stati Membri in cui è chiesto l’intervento delle Autorità doganali[5].
Pertanto, a partire dalla data di uscita, le domande unionali non potranno più essere presentate ai servizi doganali britannici. Le domande di intervento presentate in uno dei rimanenti Stati Membri rimarranno valide anche dopo la data di uscita in tali Stati Membri anche se tra le Autorità doganali a cui è stato chiesto di intervenire vi sono le Autorità britanniche. Inoltre, nel caso in cui venga presentata una domanda in un restante Stato Membro che richiede l’intervento solamente delle Autorità doganali di detto Stato Membro e del Regno Unito, tale domanda rimarrà valida come domanda nazionale nello Stato Membro in cui è stata presentata[6].
Per quanto riguarda le decisioni di accoglimento delle domande unionali, a partire dalla data della Brexit quelle dei servizi doganali del Regno Unito emesse quando questo era ancora uno Stato Membro non saranno più valide nei rimanenti Stati Membri. Le decisioni di accoglimento adottate in uno dei restanti Stati Membri rimarranno valide nell’Unione a 27 anche se le Autorità doganali britanniche erano tra le Autorità doganali chiamate ad intervenire.
Davide Scavuzzo
[3]Ai sensi dell’articolo 4 del Regolamento n. 608/2013, “… [u]na domanda unionale può essere presentata solo per quanto riguarda i diritti di proprietà intellettuale basati sulla legislazione unionale che producono effetti in tutta l’Unione…”.
[4]Il Regolamento n. 608/2013 prevede due tipologie di domande di intervento: oltre alla domanda unionale, i richiedenti possono presentare una domanda di intervento nazionale, ossia presentata solo in uno Stato Membro in cui si chiede alle Autorità doganali di intervenire in quello stesso Stato Membro.
[5]Articolo 10, paragrafo 2, del Regolamento n. 608/2013.
[6]Si veda la nota 4.